uno spazio di solidarietà, un tempo per incontrarsi, un luogo per progettare
Mentre Daniele (figlio piccolo) cerca con lo sguardo fisso nel vuoto ed il libro di fisica tra le mani il baricentro di un corpo, meglio noto come centro di gravità …. permanente … proprio perché puoi permanere a cercarlo all’infinito, come ha esistenzialmente scelto di fare lui, scartando a priori la possibilità di studiare quello che il libro potrebbe svelargli sull’argomento …
Mentre Nicola (figlio grande) cerca - rotolando sul divano con lo sgurado fisso sullo schermo - la posizione migliore da offrire al suo baricentro personale quando a breve inizierà a seguire la partita di coppa …
Mentre Vito (marito) - a cui il Bari-Centro può evocare solo ricordi di gioventù – vaga isterico per casa consapevole che il baricentro di Nicola (chiaramente posizionato all’interno di un campo da calcio!) presto sarà relegato nel regno dei suoi mondi immaginari mentre quello di Daniele lo attende e lo reclama nel mondo reale … un mondo, perché negarlo, pieno di ingiustizie, di espiazione … oltre che – ormai è chiaro - di baricentri da trovare e spiegare!
Mentre (io) con inguaribile ottimismo cerco accanto a Daniele di risolvere l’isterico psicodramma familiare disegnando sui tovaglioli corpi geometrici e corpi irregolari su cui far materializzare qualche benedetto baricentro prima della fine della cena nel tentativo di rendere queste tristi pagine di scienze meno “teoriche” …. consapevole non solo della mia solitudine fisica (Daniele continuava ad avere gli occhi fissi sulla linea dell’infinito … che il baricentro sia lì?) ma anche – soprattutto – consapevole del mio aspetto disfatto da contadina russa al rientro da una giornata di concimazione nella steppa un aspetto che meriterebbe un lungo trattamento di restauro senza il quale uscire di casa sarà assolutamente impensabile (la giornata era stata lunga e … si sentiva tutta) …
Mentre accade tutto questo … SUONA IL CITOFONO ….
… tutti recuperano lucidità ….
Io la perdo … e mi catapulto in bagno a recitare davanti allo specchio riti di esorcismo bonsai con cui invitare garbatamente – ma non troppo – la contadina russa ad uscire dal mio corpo prima che le faccia rivivere l’emozione di un pogrom domestico … Roberta è già fuori dal cancello (la contadina ancora dentro di me … si sarà persa !!?) … il tempo stringe, i pantaloni pure … saluto la squilibrata famiglia … Mauro e Agnese arrivati in visita …. urlando – su suggerimento dell’inquilina russa – Dasvidania a tutti … e scappo via.
La scena seguente – impensabile solo 10 anni fa – vede me al volante e Roberta passeggero, un passeggero che si lascia tranquillamente portare dall’esperta amica cui la strada ormai non cela segreti in centro come in periferia. Un passeggero – Roberta - che per anni ha rappresentato nel mio immaginario la reincarnazione di un Tom Tom (infatti per me avrebbe dovuto chiamarsi Rob Rob!) colmando ogni lacuna del mio dis-orientamento urbano (e non solo) causa spesso di crisi di panico e sindromi da Pollicino de noantri … e riflettendo su questa piccola – ma tangibile - rivoluzione percepisco un brivido percorrermi la schiena … se è vero – come è vero che nella vita tutto è possibile - magari fra 10 anni la sinistra italiana potrebbe essere in grado di governare?
In un tempo rapido e indolore siamo su via di Selva Candida. Roberta da i numeri: sempre gli stessi tre, quelli del civico del locale in cui dovremo assistere allo spettacolo di musica Senegalese. Io do i numeri di sempre: tutti gli altri … esclusi quelli che sta continuando a ripetere Roberta. Davanti a noi il nulla ed il buio, dietro di noi il buio ed il nulla, a destra ed a sinistra il panorama non muta, muta di certo non sono io che continuo a ripetere: ma dove cacchio siamo finite? … ma chi me lo doveva di? …. ma sti senegalesi te l’ha presentati Dylan Dog? … ma sei sicura del civico? … e del nome della strada? ma possibile che non c’è un anima viva cui chiedere un’indicazione? … ma, me stai a sentì? …. Roberta stordita dalla mia veemenza, facendo appello a tutta la sua fede da ortodossa miscredente chiede un “segno” al cielo … e – incredibile ma vero – a lei il cielo risponde! Davanti a noi – tra il buio ed il nulla – appare un’insegna “Mocenio” L’insegna è spenta. Il luogo in cui siamo finite fa apparire il buio ed il nulla di cui sopra un ambiente accogliente di cui avere nostalgia. Collochiamo la macchina su uno spiazzo vuoto e vasto, davanti ad una sorta di mega edificio ad un solo piano vasto e vuoto e spegniamo il motore. La saggezza che ci pervade da anni in quantità industriali inizia a trasformare lo sguardo folle e incazzato in una scaramantica risata isterica. Proviamo a riaccendere la macchina – forse solo per il conforto dei fari e del gradevole rumorino di sottofondo del motore e iniziamo ad accostarci all’edificio. In lontananza appare una piccola lucina rossa flebile flebile: è la brace di una sigaretta fumata da una sorta di slavo, vestito di nero, seduto su una sedia, cui chiediamo, dopo un doppio reciproco by-pass coronarico, se era per caso lì che dovesse svolgersi un concerto di musica senegalese. Lo slavo risponde di si. Fine della conversazione! Confuse tra il conforto di una presenza e l’angoscia delle infinite altre assenze, ci chiudiamo in macchina e senza sapere né leggere e né scrivere iniziamo a farci prendere da due, quattro, sei ...sane chiacchiere. Al motto di: strappateci tutto … ma non la lingua! La nostra decisione: attendere le 22,00 e – di fronte all’evidente “sola” – tornarcene a casa. Interrompiamo le chiacchiere solo per fare una telefonata a Vito e Mauro e sollecitarli a chiamare la polizia e indirizzarla al “Mocenio” qualora non ci avessero visto rientrare a casa entro un’oretta e mezzo. Una precauzione quasi inutile visto che i “pericoli” dovevano essere finiti insieme agli avventori, ai gestori del locale ed ai senegalesi in un luogo molto distante chiamato … altrove!!!
Pochi minuti prima delle dieci (mentre già iniziavamo a sentire la sensazione del pigiama sulla pelle) una macchina si accosta all’edificio. Pochi minuti dopo ne arriva una seconda. Una terza. Questa terza – arditissima – si viene proprio a fermare accanto a noi. L’astuta Gaia bisbiglia: “Roberta … aspettiamo che scendono questi (… loschi individui?)… ci andiamo ad affacciare un attimo dentro per dovere di firma … e poi dritte dritte in braccia a Morfeo (almeno uno che conosciamo!) ”
… Il burattino che diventa un bambino in carne ed ossa, il ranocchio che si trasforma in un principe, la zucca che si fa carrozza … non reggono l’emozione della sorpresa sprigionata dalla visione dei due passeggeri nell’auto accanto alla nostra: Nicola e Francesca !!!!!
Ritemprate dall’ormai numerosa comitiva ci avviamo all’ingresso del locale. Ad accoglierci lo slavo di prima che stupito ci fa capire che siamo gli unici spettatori e che in queste condizioni lo spettacolo non si farà. Quasi ci rimaniamo male. Dietro lo slavo appare - finalmente - un senegalese – Dembo – l’amico di Roberta che ci saluta con gli onori dovuti ad una delegazione presidenziale e ci guida all’interno della sala.
La sala è immensa: più delle pizze di Palidoro, più delle carote di Bari, più dell’insieme dei superlativi che sono solita adoperare …. Immensa e vuota!
In un angolo 5 ragazzi vestiti con abiti da festa africani (tipo caftani coloratissimi) accanto ai loro stravaganti strumenti e ad un amplificatore. Sono tutti molto cortesi ed educati. Dembo ci spiega che il suo amico (amico anche di Roberta e mauro) gli ha “ordinato” di mettersi a nostra disposizione. Noi – per non sbilanciarci troppo (non avendo mai sentito come suonano!) diciamo che non abbiamo ancora deciso se avremo bisogno di musica dal vivo per la cena africana della nostra ONLUS. Ma appena decideremo li ricontatteremo. Intanto scopriamo che loro il 4 giugno sono liberi. Proviamo a chiedere se possono suonarci qualcosa ma sono vaghi e distratti. Continuano a fare telefonate. Dembo è convinto che a breve qualcuno arriverà. Perché svegliarlo dal sogno? … ma … come dice Cenerentola “i sogni son desideri …” E di lì a poco si materializzano un gruppetto di 3 italiani, seguiti da 3 senegalesi, altri 2 ed infine ancora due. Senza rendercene conto ci ritroviamo seduti su bianche sedie di plastica a pochi passi dal “palco” immersi nel suono magico ed ipnotico della Cora (così si chiama lo strumento più stano di tutti) I ragazzi iniziano ad accompagnare la musica con tamburi e percussioni uniti a movimenti ritmici, movimenti sempre più rapidi che finiscono per rivelare vere e proprie coreografie.
Sono tutti scatenati, tutti allegri, tutti pieni di energia e contagiosa gioia di vivere …. ma soprattutto sono tutti … sempre più vicini! Sono venuti ad invitarci a ballare con loro !
E così – in mezzo al buio ed al nulla – in un locale assurdo per dimensioni e struttura viviamo la bellezza del “dono” … quello grande cha fa la vita a chiunque si metta in cammino … quello dell’INCONTRO con la novità … guidati dal ritmo e dall’entusiasmo di Dembo balliamo lontani dal tempo … e da ogni consuetudine
Alla fine dello spettacolo (una sorta di concerto bonsai) Nicola decide di lasciare l’insegnamento e dedicarsi a fare il press-agent del gruppo, Francesca sarà la loro corista, Roberta curerà le pubbliche relazioni ed io …. mi accorgo che più conosco l’Africa … e più la amo !!!
Non credo serva aggiungere molte parole per far capire che il 4 giugno questo gruppo regalerà alla cena delle sorprese mirabili. Oltre a suonare, ed a ballare loro fanno anche un piccolo spettacolo (quello che si fa nelle feste africane) con fuochi e fiamme …. Il tutto ha normalmente la durata di un’ora e mezzo ma possono ridurre ad un’ora che dovrebbe essere il tempo stabilito per gli aperitivi. Il loro compenso sarebbe €700,00 ma – vista l’amicizia con Roberta e Mauro – sono disponibili anche ad esibirsi per € 500,00 (onestamente però i 700 se li meriterebbero tutti!!! … sui soldi io faccio poco testo, ma sono ragazzi che faticano per tirare avanti anche se alcuni di loro in Senegal sono famosi musicisti … lascio quindi volentieri la parola e la trattativa al press-agent Nicola!)
Credo di avervi detto tutto …
Certo avrei potuto sintetizzare parecchio scrivendo: serata strana ma il gruppo è ok …. L’avreste preferito ???
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