song-taaba onlus

uno spazio di solidarietà, un tempo per incontrarsi, un luogo per progettare

 

 Squilla il cellulare.

E’ Alba.

Ha una voce seria, grave.

Grave è infatti quello che deve dirmi.

Paolo – da novembre in Congo ad aiutare Chiara nelle mille necessità che ruotano intorno all’attività medica, alla formazione infermieristica ed ai progetti per combattere la malnutrizione e la malaria – è stato rapinato. Mentre era a Kinshasa per prelevare dei soldi è stato rapito, malmenato, ferito e derubato.

Gli hanno portato via 7200 dollari (in euro: 5400,00)  e non solo quelli …

Gli hanno portato via  la serenità, il sorriso, il desiderio di fare, la fiducia.

Alba chiama dall’ospedale di Taranto dove sta assistendo sua sorella. Sa che Paolo mi ha inclusa tra le persone da informare della sua disavventura. Mi girerà quindi appena potrà la mail che Paolo le ha scritto perché in questi giorni il tempo per fare lunghe telefonate è per lei un lusso inaccessibile. Il rapporto tra me ed Alba è tale che non deve aggiungere altro, il tono della voce è per me un primo, importante indizio sulla  mail che leggerò. Alba è una volontaria Aifo. E’ così che ha conosciuto Chiara, una conoscenza che – come accade ed è accaduto a tutti noi – è diventata poi amicizia.

Chiudo la telefonata e sento pervadermi una pesantezza assoluta.

La pesantezza dell’immobilità, dell’impossibilità, della lontananza, del sapere Paolo sconvolto.

Il passato ha il sopravvento sul presente e un’altra telefonata affiora alla mia memoria. Quella in cui, per la prima volta, ho sentito la voce di Paolo. Una voce dall’accento pugliese – che meraviglia! – e un parlare semplice, conciso (per non dire “spiccio”) ma anche avveduto. In quella telefonata abbiamo parlato di Chiara, di Song-Taaba, di quanto potrebbe essere utile accorciare le distanze tra quanti operino nel vasto mondo della solidarietà. Paolo ascolta, risponde, semplifica e mentre parla ho l’impressione che pensi: ti dico quello che posso, magari in seguito, quando ci saremo conosciuti meglio potrei dirti di più. Credo che quella prima impressione non fosse del tutto sbagliata. Quello di Paolo era il parlare di chi – da anni nel volontariato e nella cooperazione – sa che tra il dire e il fare c’è una distanza tutta da percorrere, da sfidare, talvolta da subire! Una distanza spesso in salita. Una distanza che non scandalizza neanche più. Si impara col tempo ad ascoltare tutti sapendo fare tare doverose alle tante buone intenzioni. Solo i fatti contano. Ed i fatti non sempre coincidono con chi li anticipi, li annunci, li presenti o perfino progetti.  Quella tara, lo capivo dalla voce, Paolo  la stava saggiamente facendo anche alla mia presentazione! Ho conosciuto Paolo di persona parecchio tempo dopo quella telefonata. Un concentrato di voglia di fare. Abiti sobri di chi in ogni momento potrebbe mettersi a lavorare, al collo un tau francescano di legno, un’andatura spedita che non lascia facilmente intuire i suoi 63 anni. Un uomo che dietro l’apparente concretezza e semplicità nasconde una tenerezza e uno spessore umano pregiati. Paolo ha una vita incredibile alle spalle. L’ho scoperta chiacchierando con lui e con altri amici di Chiara intorno a tavoli coperti di briciole e autenticità nelle cene che il tempo ci ha fatto condividere. Una vita senza vie di mezzo. E’ stato aviatore, militare, “soldato” è stato in Africa a combattere finché non ha scoperto che l’unica guerra che avrebbe impegnato la sua vita sarebbe stata quella contro l’ingiustizia e la povertà che segnano buona parte della popolazione africana. Paolo ama il cielo ed ama il mare. E’ un provetto subacqueo, un pescatore un esperto anche di apnea. Uno che “sotto sotto” ha scoperto il senso della vita. Una scoperta che l’ha portato a conoscere l’Aifo e la dott.ssa Chiara Castellani. Paolo ha così iniziato a dividere il suo tempo tra la Puglia, la sua famiglia, i figli, gli amici e il Congo: Kimbau, Kenge, Kinshasa, i pazienti dell’ospedale, i bambini, Vercassè, Mama Masamga, Maunda, Kibefu e tutti gli altri …

Una scelta solo apparentemente equa e solidale … perché quando ci si divide si è comunque a metà …  il prezzo per arrivare a stare con tutti è dover lasciare sempre qualcuno. Un prezzo significativo, come lo sono i prezzi di chi sceglie il fare  oltre che il dire …   prezzi altissimi pagati anche da  Chiara con il cuore, la mente, il corpo e lo spirito, prezzi che danno la misura del valore di ciò che si fa ma anche la misura del’amore con cui lo si fa. C’è una massima di S. Agostino che recita: la misura dell’amore è amare senza misura. Chiara e Paolo hanno fatto di questa massima la stella polare per le loro rotte africane.

Paolo col tempo è diventato ed è per Chiara più che un punto di riferimento, più che un amico, più che un fratello, più che un alter-ego. E’ tanti “più” tutti insieme. “Più” con cui è possibile far tornare – algebricamente –  conti segnati da troppi “meno”, gli infiniti meno che affollano l’esistenza degli ultimi della terra.

 

Per me Paolo è un amico recente. Un amico che ho ospitato a casa più volte, con cui ho condiviso riunioni, confidenze, concretezza e buon umore. Un amico da cui ho ricevuto un dono grande: quello della testimonianza.

 

L’amicizia è un sentimento che chiama a far spazio nel cuore. Ogni amico ha nel mio cuore il suo posticino. Non so quanto questo possa essere utile a lui o a lei, è però utilissimo a me perché ogni vicenda che riguardi chi mi è amico o amica … la vivo prime di tutto attraverso  i cambiamenti di intensità dei miei battiti cardiaci.

Sapere da Alba ciò che era acceduto a Paolo ha attivato una mia personalissima jam session di percussioni 

 

Sono stata due giorni ad arrovellarmi la mente … visualizzavo Paolo e quell’immagine faceva esplodere caterve di domande riducibili tutte ad un’unica parola: Perché?

 

Dentro  un perché … TUTTO: tutto il dolore per le sofferenze di un amico, tutta la rabbia per la volgarità beffarda della violenza, tutto l’assurdo e iniquo vivere  due pesi e due misure: il danno a chi meriterebbe un premio e premi a chi semini danni,  tutta la sfida all’eterna battaglia tra bene e  male, tutto l’avvilimento per non avere molto da dare o da dire, tutta la distanza che rende impotenti e pesanti le ore e le attese.

Arriva finalmente una mail di Alba e nella mail una “lettera” a lei scritta da Paolo poco dopo essere stato portato in salvo. Le parole di Paolo sono parole impastate di coraggio e paura, di reattività e ammutinamento, di guerra e pace … parole che fanno ulteriormente lievitare i miei perché …

E quando la frustrazione sembra avviarsi a prendere il sopravvento gli occhi si posano casualmente su una lettura: è (lo scoprirò presto) il vangelo che sarà letto domenica a messa. E' il testo della parabola del Buon Samaritano. Il mio tavolo è perennemente sommerso di libri, libri di sociologia, teologia, politica, spiritualità. Tra questi c’è anche una Bibbia. In quel momento era aperta chissà perché - o per chi  - proprio su quella parabola.

Leggo. E senza che me ne renda conto iniziano a scendermi “dolci” e calde lacrime. Lacrime per Paolo, per Chiara … per me …

Lacrime che allagano tutti i miei perché e fanno riempire il vangelo di Luca delle parole di Paolo e danno alla Samaria i contorni di Kinshasa:

 

Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, e gli disse: «Maestro, che devo fare per ereditar la vita eterna?»  Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa' questo, e vivrai».

“ … verso l'alba, in punta di piedi per non disturbare il sonno delle suore, me ne sono andato nella cappella in cerca di un’ ispirazione. E' un periodaccio! Sia per me che per  Chiara. Mentre pregavo mi sono detto: ho il diritto, o meglio, ho il coraggio di lasciare incompiuto tutto questo?

Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 

“Sono confuso, scoraggiato ed anche impaurito. Questa mattina, in pieno centro, sono stato sequestrato, malmenato, minacciato e rapinato di tutto quello che avevo indosso (7200 dollari circa)  … verso le 13,30 dopo aver fatto alcune commissione in centro, ero sul viale principale alla fermata dei taxibus per rientrare dalle suore, sono stato placcato e sbattuto in una macchina da dei sedicenti agenti della surètè: un sequestro in piena regola. La cosa è stata così rapida ed improvvisa che non ho avuto neanche il tempo di gridare e sono partiti sgommando per le vie laterali del Boulevard 30 juen. Non riesco a capire come la gente non si sia accorta di nulla o, pur accorgendosi, non abbia avuto nessuna reazione. Hanno cominciato subito a strattonarmi e picchiarmi minacciandomi di piantarmi una pallottola in fronte se reagivo. Mi hanno immobilizzato e perquisito e probabilmente la soddisfazione di aver trovato molti soldi da dividersi li ha fatto desistere da ulteriori maltrattamenti. Mi hanno comunque portato in giro per la periferia di Kinshasa per circa 40 minuti e poi mi hanno rilasciato in un posto poco frequentato e dopo aver coperto accuratamente la targa della loro macchina si sono dileguati …. Chiara e tutti gli amici di Kimbau  e della Diocesi mi incoraggiano e mi sostengono ma, sarà lo shock e la paura che ancora devo metabolizzare, non vedo un barlume di speranza all'orizzonte. Spero che la notte porti consiglio. …”

Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada; e lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto.  Ma un samaritano che era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede all'oste e gli disse: "Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno". Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s'imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia».

“Li vicino ho visto un ufficio(le boureau des routes) e, dolorante al petto ed al collo per i colpi ricevuti e stravolto per l'accaduto, mi sono avvicinato. Si sono subito accorti che stavo male e mi hanno fatto sedere e dato dell'acqua chiedendomi di cosa avessi bisogno. Quando ho raccontato cosa mi era successo con molta premura mi hanno chiesto in che modo potevano aiutarmi. Ho chiesto di accompagnarmi alla Procura di Kenge al Limete ed uno di loro si è reso subito disponibile, ha fermato un autobus che passava in quel momento, ha pagato il biglietto per entrambi e mi ha portato alla procura dove si è trattenuto fino a quando non mi sono ripreso parzialmente dallo sciok. Questa mattina è ritornato ad assicurarsi sulla mia salute confermandomi la sua solidarietà e dispiacere di quanto occorsomi. … Nell'insonnia e agitazione di questa notte, come in un caleidoscopio, mi passavano le immagini dei miei aggressori, visi freddi e crudeli che mi rinnovavano la paura. Ma subito dopo il viso rattristato e premuroso di Emanuel, anonimo impiegato del Boureau Routier, e tale sarebbe rimasto se non fosse venuto questa mattina con una faccia contrita quasi a volersi scusare per la cattiveria dei suoi connazionali ad assicurarsi sullo stato della mia salute.” 

Gesù allora gli disse: «Va', e fa' anche tu la stessa cosa».” (Lc 10, 25-37)

“ … i bambini nel Congo non sono solo figli dei genitori biologici, ma sono figli di chi veramente li ama. L'altro giorno lo Chef de poste (il commissario?) mi ha chiamato Mundele Ndombe: Mundele è il bianco per antonomasia e Ndombe è il suo omologo nero. Qualcun'altro si sarebbe offeso, io mi sento orgoglioso perchè lui in due parole ha sintetizzato il mio Status sociale ed affettivo. Uscendo dalla cappella prima che arrivassero le suore mi sono detto: NON MOLLO. E nonostante tutto NON MOLLERO'   Per fare questo però ho bisogno del vostro aiuto. Ho bisogno di ripristinare il danno economico  che questo incidente, o se volete il mio calo di attenzione ha provocato. Lo farei di mio se potessi ma non ho queste possibilità economiche: posso offrire solo me stesso
Paolo”

Le lacrime scivolano e raggiungono spazi lontani … tornano così “a galla” dalla memoria alcune splendide parole lette qualche anno fa in un libro di Adriano Sofri dal titolo: Chi è il mio prossimo. Metto a soqquadro tavolo e libreria ed ecco riapparire quel libro. Le pagine – come speravo – piene dei miei segni di matita: “ … il mio prossimo è colui che mi ha soccorso nel bisogno; è colui che ha trattato me, nella commozione e nei fatti prima che nel pensiero, come il suo prossimo. Si è fatto mio prossimo. Non possiamo dire che, me denudato, si è messo nei miei panni: piuttosto, per sentire con me si è spogliato dei suoi, e così ha cessato d’esser samaritano e mercante e padrone di denari e di una cavalcatura per farsi, come me, un uomo, un uomo  nudo. Il prossimo è un uomo o una donna che ha bisogno di aiuto di fronte ad un uomo o una donna che offre aiuto: e questa reciprocità è gratuità dettata dalla “misericordia delle viscere, materna”, e non dal calcolo o dall’aspettativa del do ut des, dell’ oggi a me, domani a te.” (A. Sofri)

Ho sbagliato …

Sono partita ancora una volta dal desiderio – tentazione?! – di dover capire per poter risolvere.

Invece bisogna lavorare per risolvere per poter poi capire. Bisogna muovere sanamente la commozione e i fatti prima che il pensiero. Paolo non è più in mezzo alla strada. Le ferite e le percosse sono state medicate. Resta un problema. I soldi rubati.

Fatti e commozione: organizzare una colletta per dare a Paolo un segno di speranza.

Finalmente un’idea su cui iniziare “il fare”. Preparo una mail in cui spiego, scrivo, racconto, in cui – perdonami Paolo -  cito anche buona parte della tua lettera ad Alba. Una mail per organizzare una colletta. Obiettivo: raccogliere quanti più soldi possibile. Non è detto che riuscirò a racimolare tutta la cifra ma sarà comunque una piccola  riparazione al danno. Non è possibile utilizzare i soldi di Song-Taaba e dal mio punto di vista neanche quelli del Coordinamento “Amici di Chiara”. Sono sinceramente convinta che i soldi ricevuti per realizzare determinati progetti – quale ne sia la forma, l’entità o la provenienza – impegnino chi li riceva a vincolarli sempre e solo ai progetti stessi. Altrimenti quale futuro e quale credibilità offrire? Né si può pensare di diventare complici di realtà corrotte e violente alimentandone in qualche modo le necessità.

Ma Il Coordinamento, Song-Taaba, onlus e associazioni  non sono gli attori principali di questa storia.

Questa è una storia di amicizia.

Dopo aver scritto il mio SOS per Paolo  … cerco tra le amicizie …  gli amici più intimi, quelli cui so di poter chiedere tutto. Anche danaro. Pochissimi di loro sanno chi sia Paolo sanno però che ogni   mio amico è anche amico loro. Inserisco gli indirizzi. Invio! L’attesa è spesso un tempo sottovalutato. Un tempo che sembra un “non tempo”, tempo sospeso tra il momento della partenza e quello dell’arrivo. Non è così. Mai.  L’attesa ci porta ad essere più recettivi. Forse perché vogliamo intravedere o raggiungere la meta  o forse perché temiamo di andare incontro ad un fallimento. In ogni caso il tempo dell’attesa è un tempo fecondo. Avere maggiore recettività consente di capire ed ascoltare in modo nuovo. Capita così che proprio nei giorni dell’attesa riceva la telefonata di un’amica. E capita che nel condividere con lei il mio stato d’animo trepidante mi senta chiedere: “ma a quanti hai scritto?” … “onestamente rispetto a tutte le persone che conosco, direi a pochissimi, ma credimi già scrivere a questi pochissimi mi è costato molto: è veramente uno stress per me chiedere, non ti dico poi chiedere soldi. Sai, negli anni grazie proprio all’esperienza di Fatti Mail prima e di Song-Taaba poi,  troppi progressi ho fatto ma di partenza chiedere è veramente uno dei miei punti deboli, hai presente quando intervistano gli attori  e domandano loro come siano nella vita, sentendosi poi rispondere: nella vita ? nella vita sono una persona timida! Ecco, ogni volta che scrivo una richiesta per Fatti Mail o per Song-Taaba io penso che se qualcuno mi chiedesse: ma lei nella vita come è, risponderei di getto: un’impedita, una “non chiedente!”!!!”. “Hai mai fatto corsi di fund raising?” incalza lei “No!” Rispondo. “E si vede!” – mi dice  – “io ne ho fatto uno. La prima lezione è iniziata proprio affrontando il senso del chiedere. Noi normalmente quando chiediamo partiamo dall’idea di togliere potenzialmente qualcosa a qualcuno. Non è così. Quando chiedi in realtà offri a qualcuno la possibilità di donare. E poiché donare è ciò che più realizzi, pacifichi e renda felici le persone, chiedendo si offrono occasioni di felicità. …  Scusa per te non è così? … Si è così, cara Marta, ma non potevi chiamare prima? … Ora mi dispiace veramente molto non aver scritto a tutti quelli che conosco, non aver lasciato che altre forze ed altre energie muovessero i fili di questa storia. Riflessioni che distraggono l’attenzione dal monitor del computer. Quando torno ad accenderlo mi accorgo che la mia piccola semina sta iniziando a germogliare. Leggo di bonifici, leggo la voglia di contribuire, leggo una solidarietà vera e semplice. I pezzetti del puzzle iniziano a posizionarsi uno accanto all’altro. Pezzettini diversi per dimensioni e forme, uguali nel valore immenso di ciò che vogliono raccontare: speranza, amicizia, solidarietà. Dopo circa tre giorni arriva una telefonata di Vito: Gaia stai tranquilla, lunedì andiamo a fare il bonifico di €5400,00. Una persona, che vuole restare anonima mi ha detto di farle sapere la cifra che raccoglieremo, lei metterà la differenza. Non è facile condividere lo stato d’animo di quel momento. Forse non serve neanche farlo.  Mai  avrei pensato di poter arrivare a raccogliere una cifra per me così “grande” in tempo così “piccolo”!

Ho scritto a Paolo ed a Chiara. Ho raccontato loro che eravamo pronti ad inviare l’intera  cifra sottratta a Paolo. Chiara, che di sottrazioni e addizioni ha esperienza da vendere e saggezza da elargire mi ha risposto così:

“Carissima Gaia Paolo non può leggerti, è a Kimbau ma quello che è successo dopo il tuo appello glielo avevo in qualche modo già "raccontato" per aiutarlo a prendere sonno, dalla prima sera, che lui già scioccato per le violenze ricevute si preoccupava anche per il mancante finanziario. Allora gli ho raccontato la storia dell'Angelo di seconda classe Quando ero bambina io e mia sorella l'avevamo registrato per vederlo più spesso. Non era un film da Oscar, ma aveva una morale estremamente positiva: chi vive per gli altri non sarà mai solo nel momento del bisogno. Il "cattivo" Potter si appropria crudelmente di 8000 dollari che costituiscono i risparmi dei poveri, e il protagonista che li aiutava con un banco di credito rurale (un microcredito ante-litteram) si sente disperato. Interviene allora l'angelo di seconda classe (senza ali perché non se le è ancora meritate) che lo tira su. Buffo, anche Paolo ha fatto il commento del protagonista: il mio angelo deve essere di seconda classe anche lui! Nel film, l'angelo mette le ali quando gli amici con una colletta aiutano il protagonista a recuperare la cifra perduta. Ogni sera dicevo a Paolo "aiuta il tuo angelo a mettere le ali". Credo che stasera anche l'angelo di Paolo abbia conquistato le sue ali!”

Chiara ha raccontato a Paolo la trama di un film il cui titolo – se possibile - è più profetico della storia stessa: La vita è una cosa meravigliosa

Ecco come mi sento … mi sento di fronte ad una cosa meravigliosa. Un meraviglia di coincidenze, di persone, di scelte, di testimonianze. Un meraviglia di frammenti che non voglio dimenticare.

E così oggi ho scritto.

Ho scritto per onorare l’angelo di Paolo e le sue nuove ali, per onorare Chiara che riesce a restare salda a terra con le sue forti radici africane anche quando le tempeste scuotono, piegano e battono le fronde, ho scritto per onorare tutti coloro che hanno contribuito, anonimamente (chi più chi meno!) e gratuitamente a raccogliere € 5400,00, ho scritto per onorare tutte le mani che sanno aprirsi ed offrire quando altre mani  scelgono di chiudersi e colpire, ho scritto per onorare quel barlume di luce e verità che ognuno dei miei perché  ha saputo farmi intravedere … e se è vero che nessuno potrà mai impedire al male di spaventare, minacciare, colpire, ferire, togliere, violare, negare è altrettanto vero che nessuno potrà mai impedire al bene di fare … di più …

 

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